Archivio di Marzo 2014

Vittoria Sperimenta

Sabato 29 Marzo 2014

Vittoria Sperimenta

VITTORIA. Sabato 29 marzo alle ore 19.00 il vernissage della mostra 

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La sperimentazione si è chiusa con tre ospiti speciali: Momò Calascibetta (in foto), Loredana Grasso, Francesco Lauretta

SICILIA - VITTORIA (RG) - La sperimentazione non è ancora finita. Sabato 29 marzo, infatti, dalle ore 19 alle ore 21, nello splendido spazio al primo piano del Chiostro di Santa Maria delle Grazie, sarà inaugurata la mostra di Vittoria Sperimenta, che vedrà in esposizione tutte le opere prodotte in questi due mesi dai tredici artisti ospiti (Ilde Barone, Giulio Catelli, Salvo Catania Zingali, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Giovanni La Cognata, Giovanni Blanco, Carlo e Fabio Ingrassia, Piero Zuccaro, Momò Calascibetta, Loredana Grasso, Francesco Lauretta).
I due mesi si sono conclusi con una settimana speciale, che ha visto ospiti Momò Calascibetta, Loredana Grasso, Francesco Lauretta.
“Chiudiamo queste quattro settimane – ha commentato il direttore artistico Giovanni Robustelli – e lo vogliamo fare con le parole delle persone che sono venute. Proprio durante gli ultimi giorni, una signora, una di quelle che rappresentano il pubblico tradizionale delle mostre e che sono state incuriosite dal nostro esperimento, ci ha detto che questa manifestazione lascerà un segno nella storia della cultura di questa città, un segno che serve da concime per le nuove generazioni. Ed è vero, perché per raccontare di questa esperienza potremmo anche usare le parole dei bambini, la sorpresa dell’entusiasmo, la loro curiosità e meraviglia, tutte cose che dovrebbero farci riflettere sul valore che può assumere il linguaggio artistico nella formazione dei bambini. Il risultato finale è stato esattamente quello che ci aspettavamo: possiamo dire di aver raggiunto i nostri obiettivi”.
“E’ stata un’esperienza strabiliante anche dal punto di vista umano – aggiunge Ivano Fachin, presidente dell’associazione Akash -, un’occasione unica di incontrare universi, culture, filosofie e tecniche, una carica di energia e di curiosità senza paragoni. Se il nostro pubblico ha avuto modo di cogliere anche una piccola parte di quello che noi abbiamo vissuto ogni giorno, possiamo essere orgogliosi del risultato”.
E gli artisti stessi, confermano il valore di questa formula – innovativa e per certi versi provocatoria – proposta da Vittoria Sperimenta.
“La rassegna – commenta uno degli artisti ospiti dell’ultima sessione, Momò Calascibetta - ha voluto offrire al pubblico la visione della nascita in diretta di un’ opera d’arte nei suoi aspetti più intimi e sconosciuti. Già il mondo contemporaneo artistico nega la concreta possibilità diincontri-scontri tra gli stessi operatori del settore. Rimpiango il tempo storico in cui poteva verificarsi un incontro dilaniante e tragico come quello tra Van Gogh e Gaugin, artisti che partoriscono le loro opere per la loro intrinseca necessità d’esistere. I miei lavori nascono in assoluta solitudine. Rare volte accetto esperienze di questo tipo ma  questa volta  galeotto è stato l’ incontro a Milano con  Giovanni Robustelli. L’ambiente fisico ed umano in cui si è svolta la rassegna ha rispettato  i canoni della bellezza e dell’armonia creando un habitat confortevole in cui ogni artista ha potuto ben lavorare anche se non  è stato per me facile sentire nei nostri spazi lo scorrere curioso e parlante del pubblico visitatore che qui…lo si voleva comunque agente”.
“Ho lasciato un silenzio muto e ho ritrovato una forte cassa di risonanza – ha aggiunto Loredana Grasso –, quasi una nuova, bella e grande famiglia. Mi porterò via l’esperienza di avere incontrato delle persone straordinarie e non solo. L’artista è abituato a una forma di solitudine incredibile e qui ho riscoperto invece il silenzio della presenza, il privilegio di avere a fianco persone che riescono a stimolarti anche senza fare nulla. Con i bambini, poi, è stata un’esperienza straordinaria: un momento in cui mi sono sentita davvero me stessa, dati anche alcuni dei miei linguaggi precedenti, e in loro mi sono riflessa come in uno specchio”.
“La cosa bella, al di là del lavoro – ha detto infine Francesco Lauretta, che qui è arrivato con una poltrona, i suoi libri e i suoi dischi -, è che si incontrano persone di una generosità straordinaria, dagli artisti al pubblico. Sono momenti incredibili per raccontarsi e ascoltare e conoscere il racconto degli altri. Mi sono portato le mie cose perché il pittore non è tutto quello che sono: la pittura è l’atto finale di un processo di ricerca che ho voluto portare per intero. Ed è stato un momento per verificare ancora una volta che questo è davvero un lavoro benedetto”.
L’appuntamento è dunque per il 29 marzo, per poter ammirare le opere prodotte durante questa prima edizione.

Vittoria Sperimenta

Sabato 22 Marzo 2014
Sabato 22 MARZO 2014
dalle ore 19.00  alle ore 21.00
Momò Calascibetta, Loredana Grasso, Francesco Lauretta

Momò Calascibetta, Loredana Grasso e Francesco Lauretta sono i protagonisti della quarta e ultima sessione di questa prima edizione di  Vittoria Sperimenta, che ha preso il via martedì 18 marzo nella sala grande al primo piano del Chiostro di Santa Maria delle Grazie, trasformato ormai stabilmente in vero e proprio atelier d’arte, crocevia di talenti ed esperienze artistiche.
La manifestazione d’arte contemporanea ideata da Giovanni Robustelli, che ne è anche il direttore artistico, e realizzata da Akash Produzioni con il patrocinio del Comune di Vittoria, ha già visto succedersi le prime tre sessioni, con la partecipazione di un totale complessivo di dieci qualificati artisti, sempre più partecipate da parte di appassionati, critici e soprattutto giovani.
Anche in questo caso gli artisti accettano di mettere in mostra il loro processo creativo: lo spettatore assiste all’intima ricerca che porta l’artista ad interpretare ciò che lo circonda e dunque a realizzare la sua opera; ciò che normalmente avviene in un atelier, qui accade in estemporanea, inaugurando una nuova forma di dialogo tra l’arte e il pubblico.
Anche i tre ospiti di questa settimana, dunque, saranno chiamati a realizzare un lavoro in estemporanea, con la tecnica e le dimensioni che preferiranno.
 “La quarta settimana di Vittoria Sperimenta – dichiara il direttore artistico di Vittoria Sperimenta Giovanni Robustelli - chiude un percorso intenso e articolato, sia per i linguaggi che per i concetti espressi in questo grande atelier temporaneo, con tre autori le cui dinamiche creative sembrano, nell’iter progettuale, molto distanti. Fracesco Lauretta ci mostra il suo ‘centro di riflessione’ in cui accade e, in questo caso, si manifesta soprattutto il pensiero e la progettazione della parola. Il suo ‘atto’ creativo si dipana tra il medium della scrittura, della parola e, non ultima, della pittura. Loredana Grasso documenta il paesaggio e la luce con la pittura, ci racconta uno spazio che proviene dal ricordo, dall’esperienza, per poi sfociare in un orizzonte astratto, mentale, unico e nuovo. Un paesaggio della cultura. Momò Calascibetta si impegna nel decifrare, scavando, uno spazio denso e ingombrato. Quello che affiora sulla superficie è un testo fitto di segni che non si limitano a manifestare le forme e le loro relazioni con lo spazio, e le ulteriori chiavi di lettura riferite all’iconografia ma, proprio per l’estrema presenza del segno, a richiamare l’attenzione proprio su di sè, sulla grafia, sulla preghiera del gesto”.
L’atelier di Santa Maria delle Grazie potrà essere visitato dal pubblico tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19.
Le opere prodotte saranno presentate sabato 22 marzo, a partire dalle 19, nel corso di una serata-evento, accompagnata dalle degustazioni della Strada del Vino Cerasuolo.
Gli artisti e il pubblico si confronteranno in una talk sul tema “L’editoria artistica nell’arte contemporanea”.
Si ringraziano il Comune di Vittoria e agli sponsor di Vittoria Sperimenta: Agriplast srl, Banca Mediolanum, Nerosicilia e Mosaicomicro, Fiera Emaia, Villa Orchidea, l’associazione Strada del vino, il ristorante Acqua e vino.
GLI ARTISTI
Momò Calascibetta
Nasce a Palermo. Si laurea in architettura con Gregotti e Pollini ma sceglie di dedicarsi esclusivamente alla pittura che Leonardo Sciascia la definirà “come il racconto dettagliato dell’imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità….”. Nel 1982 si trasferisce a Milano dove nascono tematiche come “Comiso Park”,”Piazza della Vergogna”,”De l’Amour”,”Labirinto Verticale”,”Terromnia”…che troveranno spazi espositivi alla Fondazione Corrente, Fondazione Mudima,Galleria Jannone, Galleria Philippe Daverio, ed in fiere internazionali d’arte: Arte Fiera di Bologna ,MiArt, Artexpo New York Coliseum, Art Basel, Arco Fiera di Madrid.
Nel 2004 è stato ospite con le sue opere alla trasmissione Passepartout di Philippe Daverio e nel 2005 un suo grande lavoro “Il gelato di Tariq”viene utilizzato per l’allestimento del set delle nove trasmissioni estive di Passepartout.
Memorabile rimane l’esperienza dell’artista alla Biennale di Venezia del 2005 in cui, con altri curatori, organizza il Progetto “Esserci al Padiglione Italia”, evento che ha voluto lanciare un messaggio alla Biennale puntualizzando che l’arte italiana è ammorbata da una volontà dominante verso il crescente dilagare di uno sporco e corrotto mercato dell’arte americanizzato e monopolizzato da lobby finanziarie-culturali cieche ed arroganti, dove l’arte si trova sempre più mummificata in eventi e fiere varie da imbalsamatori culturali sempre più lontani dalla vita dalla società.
Loredana Grasso
Nata a Erice (TP) nel 1982, ha frequentato l’Accademia di belle arti di Palermo conseguendo la laurea specialistica in Pittura. Vive e lavora a Palermo. Ha esposto in mostre personali, collettive a Palermo, Italia e in Germania. Nel 2010 viene selezionata da “Premio Celeste” per la collettiva “Expectations New York” e nel 2011 è tra i finalisti del “Premio Combat Prize”.
Il suo lavoro riflette prevalentemente su situazioni ambigue e misteriose, sia quando il medium utilizzato è la pittura, sia quando le opere si espandono nello spazio come con la scultura. I diversi linguaggi, nelle molteplici forme, rivelano lo sguardo dell’artista, meditativo e ipnotico, stimolando infiniti pensieri.
Una poetica radicata nei sogni – o negli incubi - e nelle paradossalità delle esperienze che l’artista inscena; opere sempre aperte al confronto con la vita, con le sue fragilità e le nostre incertezze, elementi che diventano valore e punto di partenza verso la scoperta di altri luoghi, oltre i limiti spaziali, temporali e di pensiero.
Francesco Lauretta
Dopo studi tecnici, si trasferisce a Venezia e frequenta l’Accademia di Belle Arti nell’aula di Emilio Vedova. Si diploma nel 1989.
Nel 2003, dopo un breve viaggio nella sua terra d’origine, si definisce pirandellianamente pittore, e da quel momento si approfondisce il tormentato rapporto con questo medium che lo conduce oggi a definirsi un “ingegnere” ponendo l’accento non tanto sulla semplice rappresentazione quanto sulla costruzione. Tra il 2003 e il 2011 espone in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero e realizza alcuni video grotteschi, vere e proprie riflessioni sui luoghi comuni degli artisti, e sui rapporti marginali tra arte e territorio.
Nel 2007 vince il Premio Agenore Fabbri e si trasferisce a Firenze.
Nel 2010 inizia a scrivere alcune allegorie dal titolo “I racconti funesti” che spiegano l’opera della costruzione - un processo che da quel momento lo assorbe totalmente - col disegno (gli spolveri), con la pittura, con la scrittura, il video, la performance.
E-mail
Sito Web 
addetto stampa Concetta Bonini

333 7337513

•••Dictator Putin•••

Domenica 9 Marzo 2014
•••Vladimir Putin candidato al Premio Nobel per la Pace•••

“Dietro ogni grande della storia c’è una drag queen”. E’ ciò che pensa l’artista Saint Hoax, che ha trasformato, attraverso una serie di immagini GIF, famigerati dittatori e potenti inclini alla guerra in colorate drag queen. E così Saddam Hussein diventa Madame O’Sane, Vladimir Putin si trasforma in Vladdy Pushin’ e Adolf Hitler cambia il suo aspetto in Hitleria Hysteria.

Barbara Rose: «I nipotini di Duchamp spariranno. Basquiat? Vale davvero poco»

Domenica 9 Marzo 2014



Il suo viaggio, di storica e critica, nella «factory» americana di Warhol e gli altri

«Hirst e gli altri, rovina dell’arte»

Barbara Rose
Barbara Rose

«La crisi economica? È fantastica. Rimarranno solo i veri artisti. Perché i veri artisti hanno la maledizione dell’arte e non hanno altra scelta». Barbara Rose parla con il sorriso sulle labbra, ma dice cose durissime. Soprattutto sugli artisti che non ama: «Koons, Hirst, Cattelan? Tutti sopravvalutati. Vogliono fare impressione, ma lo choc non dura nel tempo. I nipotini di Duchamp hanno rovinato l’arte. Basquiat? Vale davvero poco e il mercato è pieno di falsi. Per fortuna la storia e il tempo correggeranno tutto».

Un'opera di Basquiat
Un’opera di Basquiat

Barbara Rose, grande storica e critica d’arte, docente, scrittrice e curatore di mostre, ha un dono tutto speciale: quello di parlare con franchezza e di regalare in una conversazione un viaggio nella mitologia dell’arte. I suoi amici più cari erano Warhol, Rauschenberg, Frank Stella, Jasper Johns per fare solo qualche nome. «Avevamo vent’anni, non c’erano soldi e l’unico posto dove trovare qualcosa da mangiare era da Andy alla Factory o allo studio da Rauschenberg. Si viveva così, con allegria e pieni di speranze» racconta. La Rose è una giovanissima settantenne. Impossibile darle un’età precisa, inganna tutti con il fascino della parola e con gli occhi azzurri che sorridono sempre. Ed è una figura davvero unica: non soltanto è la più importante testimone e studiosa dei movimenti artistici americani, lei stessa è protagonista di quella stagione irripetibile (tra gli anni Sessanta e Settanta) che ha visto crescere e consolidarsi i grandi movimenti dell’arte «made in Usa».

Due esempi? Warhol l’ha filmata nel suo film The 13 Most Beautiful... e c’è una foto che la ritrae nuda mentre Jasper Johns le fa un calco di gesso. Lei scherza: «Pezzi delle mie gambe e braccia sono sparsi nei suoi quadri. Faccio parte delle più belle collezioni del mondo». La Rose è stata «dentro» la storia dell’arte con una passione e una libertà che non ha uguali e i suoi scritti hanno offerto una lettura fondamentale per comprendere e costruire una storia dell’arte che è storia del presente. Tra tutti vale ricordare il testo che ha scritto a soli 25 anni, L’arte americana del Novecento, che ha aperto la critica a un mondo fino ad allora pressoché sconosciuto: «Ho scoperto da poco una cosa incredibile: i soldi che quel libro ha fatto guadagnare all’editore sono andati alla Cia. Era tempo di guerra fredda e il volume, che aveva un finanziamento governativo, doveva servire a manifestare la grande potenza creativa degli Usa in confronto all’aridità della Russia».

Da poco ha pubblicato per ScheiwillerParadiso Americano, una raccolta di saggi «sull’arte e anti-arte» dal 1963 a oggi. Un volume che oltre ad essere l’appassionato racconto in presa diretta dei protagonisti dell’arte americana, è anche la storia di una irrefrenabile decadenza, di un vero e proprio declino. Con una sorpresa: da sostenitrice entusiasta degli artisti, fa autocritica e riconosce i limiti, gli eccessi di quel mondo che ha frequentato da vicino. Senza tanti giri di parole Barbara Rose accusa un sistema dell’arte senza più regole etiche che pensa soltanto al profitto: «Siamo in mano al marketing, nient’altro. Viviamo il tempo dei valori falsi confezionati per gente incolta e ignorante. Il problema è la distruzione totale del mercato dell’arte che non ha niente da fare con la qualità di un’opera. Oggi esiste solo la manipolazione del mercato controllata dalle case d’asta, ma ancor di più dalla pubblicità, dai libri e dai critici pagati, dalle feste mondane e dai musei. Sì, i musei sono il vero problema: certificano la qualità quando non c’e nient’altro che moda, scandalo e spettacolarizzazione. È il fast food dell’arte con il gusto di una pizza fredda».

«Ma l’arte americana non è del tutto morta: ho trovato enormi energie nuove dai giovani neri, latini e asiatici. L’arte vive di nuovo grazie al melting pot». Ma New York, aggiunge, non è più il centro del mondo: «Andare a New York oggi è come trovarsi con i resti di una festa». E si lascia andare a una battuta: «Ora a Manhattan ci sono meno artisti che a Todi». Per Barbara Rose anche in Europa non va tanto bene: «La crisi viene del fatto che i ricchi non hanno cultura e i colti non hanno soldi. Viviamo un mondo che non permette lo sviluppo del gusto. Oggi l’intelligenza, l’etica, l’estetica contano poco». Ne ha anche per i critici italiani: «Achille Bonito Oliva? Il suo problema è che si considera un artista. Per lui la più grande opera è solo se stesso. Francesco Bonami è molto legato alle logiche del marketing e capisce solo le regole del gioco. Germano Celant è il gioco». E salva soltanto Gillo Dorfles: «È stato il mio eroe. I suoi scritti sono ancora fondamentali per capire la decadenza del presente ».

La storica dell’arte è un fiume in piena: ricorda i giorni a Washington, dov’è nata e quando saltava la scuola per andare tutti i giorni alla National Gallery. Sognava di diventare pittrice («Ma ho smesso di dipingere quando ho visto i quadri di Frank Stella»); ricorda i suoi 15 anni a New York per conoscere gli artisti: «Bastava andare ai vernissage a Tenth Street o a Betty Parsons e c’erano tutti, sempre ubriachi e a caccia di ragazzine. Cosi ho incontrato de Kooning, Kline, Guston. E poi per pagarmi gli studi ho lavorato da Leo Castelli e così ho cominciato anche a scrivere. Avevo 22 anni». Una vita avventurosa nel nome dell’arte. Ma non solo. Tante anche le passioni d’amore: «Ho incontrato un ragazzo senza denti —racconta —. Era tutto sporco, con la barba lunga, un proto punk. Ma quando ho visto i suoi quadri neri ho capito che era un genio». Quel ragazzo era Frank Stella e diventerà suo marito.

Il secondo, per la precisione, visto che con questa donna tra amori e matrimoni il rischio è di perdersi. Per la cronaca, il terzo marito è stato Jerry Leiber (celebre autore di tutti i testi di Elvis Presley) che ha voluto sposare a Roma perché c’era Argan sindaco che ha celebrato il matrimonio. Tranquilli, scherza: «Il quarto e ultimo marito è anche il mio primo amore». E aggiunge: «Basta artisti, sono impossibili, ti uccidono, questo è un economista, anzi l’ultimo economista marxista rimasto negli Usa e si chiama Richard Du Boff. Eravamo proprio dei ragazzi quando ci siamo sposati ». Dopo 48 anni lo ha ritrovato casualmente durante un viaggio in treno. A Barbara Rose si illuminano gli occhi: «Si è avvicinato e mi ha detto: sei l’amore della mia vita. Ci risposeremo a Venezia. Non è una storia alla Calvino?».

Gianluigi Colin
02 aprile 2009