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Io sono siciliano per caso
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Io sono siciliano per caso, vivo solo per scoprire la bellezza, tutto il resto non è che una forma di attesa.

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Studio Momò a 360 gradi

 
 
 
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Io sono siciliano per caso

Momò Calascibetta nasce a Palermo nel vicolo del Forno….

Si laurea in Architettura nel 1977 con Gregotti e Pollini e, nonostante l'intrigante passione per essa, sceglie la Pittura che aveva praticato sin da piccolo.

la casa di Vicolo del Forno

Processione e processi


Alla mostra”Il sacro nell'Arte”, nel 1977 presso l'Arcivescovado di Palermo, presenta l'opera dal titolo “Processione e Processi” che lo pone subito all'attenzione della critica e del pubblico ma che scatena la reazione di censura dalla parte del clero. Infatti chiara è la condanna che Momò fa alla ipocrisia della chiesa davanti alla sofferenza delle creature umane sin dalla prima sua tela esposta :”SE LASCI CORRERE LIBERO IL PENSIERO RIESCI PERICOLOSO SENZA SAPERLO!”

 

Leonardo Sciascia visita questa mostra ed inizia così un rapporto segnato da reciproco rispetto e totale intesa che porterà lo scrittore a definire per primo la pittura di Calascibetta come il racconto dettagliato….”dell'imbestiamento di una classe di potere già sufficientemente imbestiata nella più lata avarizia e nella più lata rapacità…”Esegue diverse scenografie teatrali tra cui “Il Castello” di Kafka per la rassegna “Incontroazione “ dell'Università di Palermo.


Oratore


Magistrato con guanti bianchi


Dos gardenias para ti

Fondamentale in questi anni è il suo incontro con Enza Lauricella , cantante popolare che con gli acuti della sua voce, dice il critico Guido Valdini, scaglia pietre in piena faccia ai politici che governano l'isola. Nasce il primo e unico figlio Filippo che si dedica alla musica classica e in particolare al contrabbasso barocco.


Filippo

Comiso Park - particolare -


Nel 1982 Momò va a vivere a Milano, ospite i primi mesi a casa di Gabriele Mucchi, ma ritornerà ogni anno in Sicilia per non interrompere l'appassionante escursione archeologica nelle viscere dell'isola. Di questo periodo sono le tematiche “Comiso Park” esposte alla Fondazione Corrente, 1984, e “Piazza della Vergogna “ nella galleria Philippe Daverio ,1989, che lo inseriranno nel tessuto artistico milanese. E' Mario de Micheli il critico che seguirà il suo percorso artistico di quegli anni…”Ogni opera di Calascibetta è sempre un convegno di personaggi, quando addirittura non ne brulichi. Sono i personaggi di una periferica e provinciale “società opulenta”, i protagonisti dei “nuovi ceti emergenti”, gli speculatori, i parassiti, i mangioni, i servi in divisa del potere: il giudice intrallazzato col mafioso, il prete che assolve da ogni peccato e il generale che dà lustro e garanzie patriottiche alle feste e ai banchetti, dove trionfa una confusa presenza di dame, cortigiane e baldracche, sfarzosamente agghindate per la rappresentazione…”

 

 



Moi e Philippe


Piazza della Vergogna a Palermo



Nel 1991, nella mostra “De l'amour” presso la galleria Jannone, si renderanno più visibili i primi segni di un passaggio da un mondo “ingordo e malandrino” che aveva caratterizzato le opere precedenti, ad una visione più esistenzialista.

“I relitti umani” di Calascibetta mordono ancora, inghiottono, godono e intanto si preparano ad un atto unico, quello dell' effusione amorosa, della totale consunzione carnale dell'individuo, del deliquio dei sensi nella sfrenatezza di un'avida passione, ma pervase da una pietas che li riconduce ad una possibilità di speranza.

Giorgio Soavi e Fabrizio Dentice sono i critici di riferimento degli anni 90 e non mancano le testimonianze di Sciascia e Bufalino.

 


Lady Leda

 


Lady Jannone


Labirinto mitologico - particolare -

A Milano incontra lo scrittore Vincenzo Consolo che nel 1994 presenterà in catalogo la mostra “Labirinto”in cui la dualità tra satira e pietas si fonde sempre più sino a fare accostare Momò ad una visione di puro intimismo lirico.


Tra il '94 e il '99, si dedica a progetti di architettura e la sua attività creativa converge nell'esigenza di impadronirsi dei luoghi umani e dei suoi materiali, di trasformare e plasmare le materie di cui sono costituiti, alla ricerca di una forte caratterizzazione espressiva e antiminimalista capace di fondere e di esaltare forma, funzione e qualità puramente estetiche.

Sensibilità plastica e ricerca di espressività della funzione attraverso la decorazione, sono i segni distintivi che accomunano il suo sogno creativo proponendo unità tra pittura, scultura, mosaico, e architettura per ricostruire i luoghi della vita.


casa Momò

La domatrice di coccodrilli

In questi stessi anni le sue opere sono in mostra a New York, Zurigo, Madrid, Praga, los Angeles, Bruxelles, e si pubblica il libro “Un mito che muore “ ed. Ila Palma, Sao Paulu, Brasile.

La sperimentazione e rielaborazione dei materiali che usa, lo conducono alla scoperta di una sua nuova forma creativa : la scultura in terracotta.

E' a questo punto della sua vita che in Calascibetta affiora un ricordo del suo inconscio infantile che lo trasporta in un luogo dominato da una figura eclettica, affascinante, che ha incontrato una sola volta all'età di cinque anni e che forse è stata la chiave di tutte le sue scelte artistiche: lo zio Momò. La scoperta di veder nascere istintivamente tra le sue mani, come un gioco, sculture ardite e complesse, così definite da Vittorio Fagone, Gillo Dorfles e Philippe Daverio, lo convince a rendere omaggio a questa figura misteriosa della sua infanzia scegliendo di firmare la sua produzione artistica, a partire dall'anno 2000, con il “nom de plume” Momò .

Subito dopo, al Miart di Milano , titolerà la sua mostra personale “Momò fu Calascibetta”,(toccandosi le palle!).


Cui prodest? - particolare -

 

Nel 2002 la Fondazione Mudima , a cura di Philippe Daverio, organizza una mostra-evento dal titolo “Terromnia”, dove vengono esposte per la prima volta le sculture e le opere più rappresentative di tutte le tematiche fino ad allora trattate, configurandosi come un evento che ha coinvolto il pubblico milanese in alcune serate interattive tra musica, performance e dibattiti centrati intorno all'opera pittorica e scultorea dell'artista che da sempre si è definito “siciliano per caso”.

Anche grazie alla presenza di numerosi critici e personaggi che animano la vita culturale della città tra i quali Philippe Daverio, Gillo Dorfles, Alessandro Riva, Marco Meneguzzo, Liana Bortolon e Giovanni Quadrio Curzio, l'evento-mostra delle opere di Momò riscuote un grandissimo successo.

L'anno seguente Momò Calascibetta è ospite della trasmissione”Passepartout” su RAI 3 dove Daverio pone in evidenza i caratteri e i temi fondamentali dell' artista. Viene fuori il mondo dei sogni di Momò abitato da draghi-unicorno, idoli arcani, sogghignanti coccodrilli, giunoniche danzatrici in guepierre e frustino, sfrenate tauromachie e toreri evanescenti come lemuri, cavalieri dimentichi e addormentati, minotauri ingentiliti, infiammati di passione amorosa, voluttà devastante, lascivia e ingordigia.


Il gelato di Tariq a Passepatout

Meeeee e Momòoo al Museo del Territorio di Biella

Il Museo del Territorio di Biella promuove nel 2005 una imponente esposizione dedicata interamente alla lana e alla cultura ad essa legata dal titolo “Sul filo della lana “, curata da Philippe Daverio, con un percorso espositivo di oltre 200 opere provenienti dai più prestigiosi musei del mondo che copre un arco di tempo che dal periodo preistorico giunge fino al contemporaneo: infatti insieme alle opere di Luca Giordano, Tintoretto, Andrea del Sarto, Brueghel, Pietro Longhi, van Gogh….quelle di Campigli , Sironi, De Chirico,Beuys, Boetti, Modigliani, Malevic, Kounellis, Jori, è presente Momò con il grande “Trittico del Minotauro” e “Il filo di Arianna”

 

Nella 51° Biennale di Venezia Momò con un gruppo di amiche,Cristina Alaimo, Enza Lauricella ed Elena Agudio , organizza il progetto “Esserci al Padiglione Italia” che trova sede nella chiesa di San Gallo, evento nato come momento genuino e spontaneo che ha voluto lanciare un messaggio alla Biennale puntualizzando che l'arte italiana non è morta bensì ammorbata da una volontà dominante verso il crescente dilagare di uno sporco e corrotto mercato dell'arte americanizzato e monopolizzato da lobby finanziarie-culturali, cieche ed arroganti, dove l'arte si trova sempre più mummificata, in eventi fieristici e commerciali, da imbalsamatori culturali sempre più lontani dalla vita e dalla società. Aderiscono all'evento oltre 1200 artisti, costringendo il direttore della Biennale, Croff, a promettere uno spazio per l'arte italiana.

“IN UN MONDO DI ARRIVISTI BUONA REGOLA E' NON PARTIRE”, dice Gesualdo Bufalino, ma Momò pensa che” NON BASTA SAPERE ASPETTARE PERCHE' TUTTO ARRIVI”, tanto è vero che “Esserci al Padiglione Italia”con il formato cabalistico 13x17 delle opere, è alla settima esposizione in varie città italiane, ultima a Palermo, sempre con il sostegno di Philippe Daverio.

 


13 x 17 Padiglione Italia


La casa di Via R. Mastrangelo - Lo studio di Milano nel 1989

Il 2002 ha segnato la vita di tutti, anche quella di Momò; la caduta delle “due torri”ha cambiato le relazioni politiche tra gli stati del mondo. Momò capovolge la sua visione artistica. Dopo che Bush dichiara guerra all'Afghanistan e poi all'Irak imponendo alle democrazie del mondo la cieca tracotanza dell'impero americano, Momò scende dalle giostre del suo “Comiso Park”dove laidi e panciuti generali si accompagnavano ad avide baldracche celebrando i giochi crudeli della guerra . L'artista, per la prima volta, ferma la sua attenzione alle case dilaniate dalle bombe “intelligenti”, ai bambini assenti, sperduti e soli. Realizza opere in cui la casa diventa memoria della sua infanzia sicura, della sua giovinezza la cui la meta era partire, diventa fortezza d'amore quella che ha costruito per suo figlio. Le case che disegna in questo periodo sono in bianco e nero,sono vuote, per la prima volta senza personaggi, quasi a gridare al mondo che la casa è l'unico luogo inviolabile, l'unico tempio, l'unico rifugio che l'uomo possiede.

“ LA CASA E ' UNA GEOGRAFIA DELLA MEMORIA DOVE IL DOLORE TI ABBANDONA: SONO COME UNA TARTARUGA, OVUNQUE IO VADA MI PORTO LA CASA SULLA SCHIENA”.…dice Momò.

 

Con la guerra in Irak Momò comincia a vedere bambini che fuggono dalle case, che cercano tra rifiuti del mondo, che vagano tra i vicoli delle città-metropoli pronti a qualsiasi espediente a qualsiasi avventura. Mentre prima i personaggi erano quelli delle stanze del potere,”le stanze dei bottoni”, adesso Calascibetta sembra volere affidare “questi bottoni” alle mani indurite e sapienti dei bambini.

Nasce così nel 2005 la nuova tematica “I bambini sulle strade del mondo”.

Momò ancora una volta sfida il suo pubblico, non ripete mai se stesso affinché sia più riconoscibile, è sempre attento alla società che cambia, e non tradisce il suo impegno civile; spesso gli si sente ripetere:”NON CONOSCO LA CHIAVE PER IL SUCCESSO, MA POSSO AFFERMARE CHE QUELLA PER IL FALLIMENTO E' TENTARE DI PIACERE A MOLTI : se per vivere devi strisciare alzati e muori”.

 



Bambina nella spazzatura

Nel dicembre del 2006 apre uno studio anche a Palermo in Piazza Caracciolo (Vicolo dei Frangiai ) nel mercato storico della Vucciria

 

 
 
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